La Provincia Pavese – “Piccoli geni, una risorsa: ora la scuola per coltivarli”
In Italia 5 bambini su 100 hanno un quoziente d’intelligenza superiore alla media. «Per loro integreremo le lezioni tradizionali». La raccolta fondi per il programma
PAVIA. C’è un piccolo genio quasi in ogni classe, il 5% della popolazione. Ma il più delle volte non viene riconosciuto o capito. E il rischio è quello di disperdere per sempre un potenziale talento. Per “coltivare” questi bambini plus-dotati l’Università di Pavia vuole creare un Campus dell’Alto Potenziale, una struttura che si integri con la scuola tradizionale. Ma servono risorse
PAVIA. C’è un piccolo genio quasi in ogni classe, il 5% della popolazione. Ma il più delle volte non viene riconosciuto o capito. E il rischio è quello di disperdere per sempre un potenziale talento. Per “coltivare” questi bambini plus-dotati l’Università di Pavia vuole creare un Campus dell’Alto Potenziale, una struttura che si integri con la scuola tradizionale. Ma servono risorse.
Maria Assunta Zanetti, psicologa dell’Eta Evolutiva che con il suo staff ha fondato nel 2009 il LabTalento, lancia ora un’operazione di crowfunding sulla piattaforma Universitiamo.eu, nata per sostenere la ricerca scientifica di frontiera. Primo obiettivo raccogliere 15mila euro, giorni a disposizione 115.
Il progetto è molto più ambizioso. «Il brand rimarrebbe pavese, con la possibilità di esportarlo nelle scuole di tutta Italia. Si tratterebbe di integrare lezioni tradizionali nella classe di origine con percorsi extra, laboratori condivisi con i docenti. Coinvolgendo anche gli altri compagni per i quali il bambino plusdotato può diventare addirittura un valore aggiunto» spiega la professoressa Zanetti che da quando ha fondato nei locali dell’Università, in piazza Botta, il LabTalent ha già valutato circa 200 bambini con il quoziente intellettivo sopra la media, tra 125 e 150 (mentre la norma è tra 85-115). «Solo sei o sette di loro non avevano le caratteristiche necessarie – dice la psicologa –. Ce li hanno portati quasi tutti i genitori, arrivati da Aosta come da Palermo, preoccupati che la potenzialità che riconoscevano nei loro figli li portasse, al contrario, ad essere emarginati o esclusi, comunque incompresi ».
Li chiamano bambini gifted, dall’inglese gift, dono. A 4 anni leggono correttamente e scrivono poesie, a 6 risolvono equazioni, sotto gli occhi scettici di insegnanti riluttanti, leggono una fiaba e la imparano subito a memoria, si esprimono in un’altra lingua senza aver ricevuto lezioni, sono iperattivi8 ma solo perchè si annoiano . Eppure in classe vengono visti come extraterrestri, talvolta suscitano poca simpatia tra i compagni. E per non essere esclusi finiscono per omologarsi. Soprattutto le ragazze, dicono gli esperti. «Uno degli scopi della scuola è anche quello di mettere in armonia la parte emotiva con quella cognitiva – spiega la docente – Coniugare il sapere esperto con il loro sapere naif, ancora allo statogrezzo. E accompagnarli verso una progettazione per il futuro».
«Il potenziale è democratico, ce l’hanno tutti – spiega ancora Maria Assunta Zanetti – Ma il contesto spesso fa la differenza. La presenza di stimoli è determinante. Così come la capacità della scuola di comprenderli»