Vanity Fair: il piccolo genio Belga lascia l’università. Cosa significa essere plusdotati
16 dicembre 2019 – Di Chiara Pizzimenti
Laurent Simons cambia università perché non lo fanno laureare abbastanza in fretta. Il piccolo genio ha 9 anni. I bambini plusdotati sono potenzialità difficili da gestire
Laurent Simons, 9 anni, è arrivato qualche settimana fa sulle prime pagine dei giornali perché stava per laurearsi. Stava: si deve usare il passato perché questo piccolo genio belga non si laurea più all’Eindhoven University of Technology, in Olanda. Ha lasciato, anche su consiglio del padre, perché l’università, dopo aver considerato il numero di esami che Simons doveva ancora sostenere, gli ha consigliato di terminare i suoi studi entro la metà del 2020, invece che alla fine di dicembre.
Sarebbe stato comunque un record, ma secondo quanto riporta la Cnn, il padre ha ribadito all’Università «l’esplicito desiderio che suo figlio ottenga la laurea all’età di 9 anni, il che significa che Laurent dovrebbe completare entro dieci mesi un corso di studi che normalmente durerebbe tre anni». La famiglia del ragazzo ha accettato un’altra offerta da un Ateneo americano per un dottorato di ricerca in ingegneria elettronica.
Questo bambino è un caso eccezionale, una rarità, ma esistono invece bambini che hanno doti particolari e speciali. Sono i bambini plusdotati. «Sono tutti quei soggetti che hanno un potenziale, che può essere valutato con un quoziente intellettivo, superiore rispetto alla popolazione normale in uno o più domini», spiega Maria Assunta Zanetti, docente di psicologia e direttrice del laboratorio LabTalento all’Università di Pavia, «e anche una eccezionalità accademica».
Non è solo chi mostra queste caratteristiche, ma anche chi le ha in potenza, ma non riconosciute. Questi bambini/ragazzi devono avere almeno tre di queste cinque caratteristiche che sono, in ordine di importanza: livello intellettivo elevato, attitudine scolastica, capacità di leadership, creatività e propensione per arti visive e dello spettacolo.
La professoressa Zanetti, dal 2012, lavora alla formazione degli insegnanti perché è la scuola è il luogo privilegiato in cui si possono riconoscere e supportare queste potenzialità e a farle emergere, anziché disperderle come talvolta accade. «Molti bambini che vengono etichettati come oppositivi, iperattivi o con disturbi dell’attenzione, in realtà si annoiano, sono frustrati: non trovano nella scuola una risposta ai loro bisogni e reagiscono così. La scuola per loro è troppo facile». Come non perderli a scuola? Con percorsi didattici e metodologie specifiche quali la le personalizzazioni e la differenziazione delle attività nel metodo all’interno del gruppo classe non separandoli.
Sono bambini che presentano anticipazioni in alcune tappe dello sviluppo e soprattutto hanno grande competenza verbale, un lessico appropriato, una memoria eccezionale. «La difficoltà più grande che incontrano è quella della asincronia dello sviluppo», spiega la professoressa Zanetti, «hanno un cervello che va molto più avanti, colgono temi più adulti quali la morte, equità e il senso di giustizia, ma sono bambini e quindi spesso i comportamenti che manifestano sono quelli dei coetanei quindi il loro livello emotivo è quello di un bambino che fa i capricci».
Sono in disequilibrio con loro stessi e rispetto agli altri, «disallineati» nel contesto dei pari, anche i loro giochi sono più cerebrali e impegnativi rispetto a quelli degli altri e per questo spesso sono vittime di isolamento, talvolta di bullismo o si autoisolano. Cosa deve fare un genitore? «Stimolarli, ma non iperstimolarli e accompagnarli sempre aiutandoli ad andare in profondità alle cose che chiedono perché questi bambini sono desiderosi di conoscere, di sapere, ma spesso non fanno la fatica e lo sforzo di organizzare le informazioni e il rischio è che le troppe informazioni non vengano elaborate in modo corretto».
Quando i bambini arrivano al LabTalento, unico laboratorio universitario italiano che si occupa di questo tema non solo attraverso le valutazioni di questi bambini/ragazzi ma anche sviluppando ricerca e strutturando percorsi di arricchimento e supporto, è perché spesso la scuola ha segnalato un problema o una difficoltà nella gestione in classe, ma i genitori non sempre hanno la stessa percezione. Per loro il, bambino funziona e è adattato. Anche il ministero dell’Istruzione ha riconosciuto la specificità di questi bambini all’interno della categoria dei BES, cioè i bambini che hanno bisogni educativi speciali. Come coloro che hanno fragilità e quindi devono essere supportati, anche i bambini o ragazzi plusdotati hanno bisogni educativi specialità dovuti al loro potenziale.
E il caso del bambino belga? «Va benissimo averlo accompagnato nello sviluppare le sue potenzialità cognitive, ma è pur sempre un bambino. Forse è stato sovraesposto non solo a contenuti ma anche a contesti di vita non propri della sua età, quali l’Università. Va bene riconoscere e sostenere il potenziale ma dobbiamo sempre avere in mente la persona nella sua totalità, non solo il cervello, ma anche il lato emotivo. I nostri percorsi, infatti si chiamano, per questo, “Dalla mente al cuore”».
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