LA STAMPA – “A caccia di piccoli geni: hacker e scienziati già dai tempi dell’asilo”

A Pavia il laboratorio che li scova e li salva dall’esclusione e dal bullismo dei compagni…

Si chiamano «bambini plusdotati». Sono i piccoli geni, quelli che non riconosciamo come tali e ci sembrano solo strani. Quelli come Andrea, che va all’asilo e qualche tempo fa si è seduto vicino al papà che guardava la partita chiedendogli: «Perché la luce viaggia più veloce del suono?». Il papà s’è girato appena un attimo: «La luce viaggia più veloce del suono?». Eppure sono il 5 per cento della popolazione, anche se non ce ne accorgiamo quasi mai, anche se non lo sappiamo. In Italia c’è un solo laboratorio scolastico per questi piccoli geni, uno dei primi in Europa, all’Università di Pavia, nella stanzetta disadorna con gli scaffali polverosi di Maria Assunta Zanetti, la docente di psicologia dello sviluppo, che assieme al suo collega Eliano Pessa va a cercarli in giro per l’Italia, da Palermo ad Aosta.

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LA MOSTRA DEI LAVORI

Ieri quelli del laboratorio scolastico hanno aperto una mostra, nei locali della facoltà, legata ai temi dell’Expo, per far vedere quello che sanno fare, dalle costruzioni di solidi e sfere per spiegare la matematica ai giochi della playstation inventati dai più grandicelli. Hanno inventato tutto loro, come ripete Francesco Lunghi che li coordinava, dalla grafica alla musica, dai disegni alle idee, con l’insetto che corre in un labirinto, il vegetale che attraversa la strada evitando le auto che sfrecciano, e i rifiuti da gettare secondo la raccolta differenziata. Fa un certo effetto guardare increduli questi lavori da grandi composti dalle mani fragili dei bambini.

RECUPERARE I GENI

La cosa più complicata, come spiega Maria Assunta Zanetti, è che non riconoscendoli rischiamo di perderli, di farne dei disadattati, di rinunciare alla loro intelligenza. Nel suo laboratorio, fondato nel 2009, i bambini non vengono isolati, e i docenti sono istruiti a seguire un percorso diverso per loro. Neanche un euro arriva dai fondi pubblici. Eppure, ripete la professoressa Zanetti, sarebbero «un grande patrimonio da salvaguardare». Molti di questi bambini, abbandonati a se stessi, diventano vittime del bullismo, qualcuno finisce nella criminalità, altri nella droga. Logan Laplante, bocciato dalla scuola tradizionale, è diventato un hacker. Daniele Doronzo, invece, ce l’ha fatta lo stesso, anche se aveva pianto tutte le sue lacrime quando gli avevano dato solo 7 in fisica, perché così non avrebbe potuto vincere la borsa di studio e andare in America. Scrisse delle lettere al Cern e ancora se le ricordano quelle pagine che dispiegavano le sue capacità in un sacco di lingue diverse, dall’inglese al tedesco. Lo vollero conoscere. Adesso Daniele vive in America, a San Francisco.

UNA DIVERSA SENSIBILITA’

Ma non tutti hanno la sua forza. Il fatto è che oltre alle qualità che ci aspettiamo da un bambino plusdotato, l’ottima memoria, la curiosità intensa, la creatività, colpisce che ci siano anche, nell’elenco di Zanetti, «il senso dell’umorismo, la sensibilità, e l’interesse per problemi sociali, politici ed ecologici».

FUORI DAGLI SCHEMI

Nei cinque tipi che rappresentano la classifica dei geni, si va dal primo, che è quello di successo, al quinto, definito «AP doppiamente eccezionale», che può soffrire di dislessia, autismo, disturbo bipolare. Il genio è completamente trasversale alla nostra società, alle nostre classifiche, e ai nostri pregiudizi, persino. Come racconta la mamma di Flavio. Suo figlio le faceva domande strane all’asilo, «sul senso della vita, la materia, gli atomi, le molecole dell’universo. Avere un figlio così è duro, perché devi contenere la sua emotività e la sua rabbia quando non sai rispondere». Ad altri genitori è andata pure peggio, visto che il papà e la mamma di Andrea erano stati «colpevolizzati da tutti, dagli insegnanti agli amici: non siete capaci, dovete contenerlo, ci dicevano. Ci abbiamo messo un po’ a capire che non eravamo noi il problema».

LA CLASSE DEI 128 PLUSDOTATI

Da Palermo ad Aosta, il LabTalenti di Maria Assunta Zanetti, ne ha trovati 128, con il quoziente d’intelligenza pari a 137, età media 9 anni, 19 ancora all’asilo. Tra di loro, 116 maschi e 12 femmine, ma le femmine hanno un QI medio molto più alto, 141 contro 137. «Sono di meno», spiega Zanetti, «perché hanno molta più capacità di adattamento». Non è sempre un bene: la capacità di adattamento può significare doversi «abbassare al livello degli altri per essere accettati». In fondo, è da quando esiste il mondo che le donne forse sono costrette a farlo. Anche senza essere dei geni…